Il Disagio
Capitano momenti in cui vedi il disagio cronico quello che consideri diffuso e distribuito un po’ tra tutti a tutti i livelli e intensità, quello che pensi di conoscere e poter tenere a bada, presentare un’altra faccia, diventare improvvisamente acuto, episodico, esplodere con violenza e sorpresa. Trovartelo davanti faccia a faccia con il suo alito addosso, innocente e mortale nella sua forza incosciente. Cercare di tamponare tempestivamente, con decisione, limitare i danni, sistemare le cose, fare le cose per bene senza far male a nessuno.
Pensi di esserci riuscito. Forse ci sei riuscito, anzi, sicuramente ci sei riuscito, ma poi torni a casa e un pezzo di quel disagio ti è rimasto attaccato addosso, come un odore molesto, come un graffio infetto che fa male in sottofondo, fino in fondo. E allora ne scrivi un po’. Lo inchiodi nero su bianco e lo racconti perché non si mimetizzi. Lo tiri fuori con le parole da quella tana buia dove sta provando a nascondersi. Un esercizio, un esorcismo di coscienza e liberazione. Forse.
C’è bisogno di tempo.