L’odio
«Ci vado a dormire la notte come con un pigiama. Mi tiene caldo. Mi tiene acceso. Mi fa compagnia. E poi mi ci alzo la mattina presto e me lo porto dietro. In viaggio, al lavoro, al bar, con gli amici, in famiglia. Il mio odio è sempre con me, una scintilla inestinguibile. Io me lo curo il mio odio. Lo tengo lontano da tutto il buonismo vero e finto. Che sennò me lo contamina. Non lo lascio morire. Lo nutro l’odio, lo stuzzico, lo addestro, lo alimento. Mi piace sentire come brucia nel petto e nella pancia, mi piace sentirlo urlare dentro fino a che non mi esce in uno sputo sporco di sangue dalla bocca o in tutto maiuscolo dalle dita sulla tastiera. Io ci tengo al mio odio perché ormai fa parte di me anche se ho capito, sono uno sveglio io, che è colpa degli altri, il mio odio. Io lo so che la colpa è della società, della politica, dei poteri forti, delle donne, degli immigrati, dei gay, degli zingari, dei negri, degli ebrei, dei comunisti, di quelli dell’altro partito, di quei selvaggi dell’altra tribù al di là del fiume. Io ne sono certo, non ho dubbi, lo dicono tutti i giornali che leggo, tutti i miei gruppi sui social, lo sanno tutti che è colpa vostra se le cose vanno male, se io non sono ricco, se la mia auto è un catorcio, se faccio uno schifo di lavoro per quattro soldi, se le donne mi allontanano, se sono solo, se la mia squadra ha perso. Lo so che avete organizzato tutto per farmi stare male. Lo so che siete voi i responsabili e ve lo voglio urlare in faccia che vi odio, vi odio tutti dal profondo, dal primo minuto in cui mi sveglio la mattina fino a quando non crollo di sonno la sera al buio, da solo, con lo smartphone acceso in mano a scrivervi tutto il mio odio. Per voi. Per questa vita. Solo così posso pensare di passarla liscia, solo così posso pensare che non è colpa mia. Non è colpa mia, no. Non è colpa mia. La mia vita di merda non è colpa mia.»