Dove porta il cuore?
Secondo me l’approccio “sentimentale” e passionale alle cose della vita è decisamente sopravvalutato. E di conseguenza viene sottovalutato chi tende ad affrontare le situazioni in maniera razionale e oggettiva.
Provo a spiegarmi meglio con un esempio personale.
In gioventù ero un tipo ansioso in preda a mille emozioni contrastanti. Di quelli che tremano e sudano per ogni situazione fuori dalla routine quotidiana. Tachicardie e gambe molli e mani sudate e giramenti di testa e scene mute. Interrogazioni scolastiche, palestre, giochi in cortile, parenti. Non sto qui a raccontare poi le storie patetiche con le ragazze e i colloqui di lavoro. Insomma mi era impossibile mantenere la lucidità di pensiero nelle situazioni critiche a causa di gigantesche tempeste emotive. Per carità, alla fine me la sono sempre cavata più che bene. Non sono finito in cura da qualche parte né accucciato in posizione fetale ai piedi del letto perché con una testardaggine da muflone sardo sono andato avanti per la mia strada nonostante questo limite. Sì, un limite. Nel mio caso un atteggiamento “passionale”, come risultava da tutti i test psicologici fatti negli anni è stato un grave ostacolo alla lucidità di pensiero. Era come avere attaccato alla carrozza un tiro di sei cavalli imbizzarriti e non essere in grado di dar loro una direzione perché ero chiuso in carrozza e non al posto del cocchiere con le redini in mano.
Ci sono voluti molti anni e parecchie cadute da cavallo ma lentamente sono riuscito a prendere il controllo delle emozioni selvagge, il controllo di un cuore che mi portava sempre fuori strada a schiantarmi da qualche parte. Ora penso lucidamente e rapidamente, riesco a vedere più lontano senza la nebbia delle lacrime negli occhi, riesco a vedere cose che gli altri non vedono, sono pienamente consapevole di me, dei miei limiti e delle mie possibilità. Non tornerei mai indietro ai miei venti anni e mi considero oggi una persona migliore di allora, ho una vita migliore. E devo dire grazie a quelle redini che mi sono imposto se oggi faccio più cose giuste e meno sbagliate.
P.S. Quel tiro di sei cavalli selvaggi di cui parlavo non è andato in pensione, è sempre qui, lo tratto bene, lo nutro e lo curo, è ancora in forma: ogni tanto allento le redini e mi lascio andare ad una pazza corsa al galoppo nelle praterie del cuore.
Ma solo quando lo dico io.