La rabbia
Non la capisco e non mi va giù, non riesco a digerirla. La rabbia. Ma non sto parlando della “rabbia” quella grande, la rabbia di un Cyrano contro i prepotenti, la rabbia che prende nei confronti delle ingiustizie. Sto parlando della rabbia quotidiana, quella che cova nel petto e non ha una precisa causa scatenante. Parlo della rabbia diffusa nella gente, quella che si sfoga con il primo che passa. La rabbia incancrenita che insulta il primo che esprime un parere che consideriamo illegittimo per il semplice fatto che è diverso dal nostro.
La rabbia cavalcata e incentivata dai pifferai magici di ogni colore e simbolo politico. La rabbia che consuma dentro come un cancro e ti fa prendere parte nelle questioni di sangue e di morte senza riuscire a capire che è il modo migliore per aumentare il sangue versato e diffondere la morte. Io rifiuto questa rabbia. La caccio via da me. Non voglio prendere parte al massacro, non voglio far parte del branco, non voglio applaudire all’impiccagione, non voglio augurare sofferenza e morte al mostro assassino. Non urlerò contro a priori. Non mi straccerò le vesti per una bestemmia.