Ascolto e pregiudizio (2)
Mi hanno convinto che bisognava fare “resistenza culturale” e che bisognava diventare “invisibili”.
Mi sono lasciato convincere volentieri.
Secondo me resistenza culturale è anche e soprattutto continuare a insistere perché le parole mantengano il proprio significato. Non si può continuare a dire tutto e il contrario di tutto assegnando di volta in volta un senso diverso a quello che si dice e scrive a seconda di come ci si alza la mattina.
Il “secondo me” è legittimo e sacrosanto, però c’è un limite a tutto, altrimenti stiamo costruendo la nuova Torre di Babele dove ognuno dice qualcosa in una lingua diversa e fa solo finta di capire (per ipocrita buona educazione) quello che dicono gli altri.
Il mio appello è questo: ricominciamo dalle basi.
Riprendiamoci un linguaggio comune, il congiuntivo e il condizionale non sono uno scandalo; il principio di non contraddizione non è fantascienza; chiamare le cose con il nome giusto non è snob. Re-impariamo ad ascoltare l’altro/a invece di prepararci dentro la risposta a quello che invece si suppone che l’altro/a possa dire secondo lo schema pregiudiziale che ci si è fatta di lui/lei…
Io ci sto provando. Non lasciatemi solo…