Da un reale virtuale al virtuale reale
In questo “mondo virtuale” ci si può nascondere, certo, ma si può anche gettare la maschera.
Per qualcuno è l’opportunità di darsi un tono e sembrare qualcun altro, ma è un gioco che dura poco.
Per qualcun altro è l’occasione di svelare se stesso, un se stesso che la piccolezza e la ristrettezza della piccola cerchia ristretta di amici, parenti e conoscenti da sempre non avrebbe, forse, mai apprezzato.
Cercando lontano è più probabile incontrare i propri simili che nel cortile del condominio o nel bar sotto casa.
Il virtuale in questo caso è più reale del reale.
C’è un rischio, però.
Il rischio di accontentarsi del flusso di bit, dello scambio in differita di pensieri, informazioni, sensazioni ed emozioni.
Non basta.
Serve la diretta.
Noi non siamo robot, noi siamo scimmie.
Il flusso di bit DEVE diventare flusso di sangue.
L’informazione DEVE diventare parola.
Il pensiero DEVE diventare carne.
La sensazione DEVE diventare respiro.
L’emozione DEVE diventare sguardo.
Nel “mondo virtuale” ho messo in piazza la mia anima perché i miei simili potessero riconoscermi, ho fondato un movimento, ho ritrovato persone che mi mancavano e persone che non mi sarebbero mai mancate, ho incontrato gente davvero speciale, ho riconosciuto una seconda volta persone che credevo di conoscere già e non era vero, ho amato molto, ho detestato un poco, ho discusso, ho filosofato, ho litigato, ho costruito, ho demolito, ho riso e ho pianto; ma non sarebbe valso a niente se non avessi avuto il coraggio di prendere l’auto, salire sui treni, le navi e gli aerei ed azzerare lo spazio ed il tempo per stringere mani umide, abbracciare forte, baciare con passione, discutere animatamente, mangiare con gusto, dormire per la stanchezza, camminare a fianco e in fila, guardarsi negli occhi, condividere per respirarla l’aria della stessa stanza.
Per ESSERE insieme.
I corpi devono seguire le anime.
Le mani devono stringersi e gli sguardi fissarsi.
Le parole devono accavallarsi nei discorsi.
C’è bisogno del ritmo del camminare insieme.
C’è bisogno del rito del mangiare e del bere.
C’è bisogno di toccare.
Di spulciarsi un po’.