Esseri umani
Eppure… eppure qualche essere “umano” ancora c’è. E ve lo dimostro.
L’altra mattina, dopo un colloquio di lavoro, vado a riprendere la mia utilitaria koreana a gpl parcheggiata lungo viale Egeo a Roma in zona EUR per tornarmene verso casa, mi assesto sul sedile bollente, giro la chiave nel cruscotto bollente e questa invece di ripartire come di prassi si limita a profferire un grugnito appena sopra la soglia di udibilità. Basta… Niente altro… Ritento. Un pernacchio leggero leggero.
Azzo la batteria!!!
Allora… sappiate che su viale Egeo a Roma alle 11.30 del 3 agosto c’è una probabilità di incontrare qualcuno di poco superiore che farlo in una radura del Mar della Tranquillità sul nostro grigio e desertico satellite naturale. Mi guardo intorno, sotto il sole, nel deserto, appunto, e mi incammino alla ricerca di un meccanico, un elettrauto, un gommista, un diodeltuonoqualsiasi. Dopo circa mezz’ora di cammino sotto il sole tra vialoni larghi e lunghi e neanche un negozio trovo un chiosco bar e più giù un distributore di carburante. Chiedo informazioni e tutti ci tengono ad assicurarmi che lì, in zona, di meccanici/elettrauti/gommisti/deideltuono non ce ne sono mai stati e forse non ce ne saranno mai.
Ok… ho capito… me ne ritorno piano piano, mogio mogio, sudato sudato, verso l’auto parcheggiata sotto il sole, e prima di rinunciare del tutto e avviarmi a piedi verso la più vicina fermata metro decido di tentare la fortuna, il caso, la provvidenza, insomma quella cosa lì che ogni tanto fa vincere una lotteria a qualcuno, ecco. Intanto apro il cofano dell’auto per mettere in mostra la batteria, tiro fuori dal portabagagli i cavi rosso/neri che avevo comprato un anno fa, li tengo alti con la mano sinistra, faccio un passo verso il centro della carreggiata e con l’altra mano cerco di attirare l’attenzione delle rare automobili che passano. Per una buona mezz’ora il caso/fortuna/provvidenza mi presenta, raramente, facce perplesse e un po’ impaurite che rallentano, mi guardano e poi accelerano di nuovo… purtroppo non ho la forza di ringraziare come si deve e il dito medio occupato. Ma poi, qualcuno, uno, dopo esser ripartito, rallenta, si ferma e fa marcia indietro: «Batteria vero?». Rispondo vagamente vaneggiando per l’insolazione: «Batteriavero! E tu sei vero? Non sei un miraggio? Vero?»
Insomma non era un miraggio.
Il dapprima diffidente e poi sorridente Emanuele mi ha aiutato a ripartire con una piccola trasfusione di energia dalla sua batteria alla mia.
Insomma non era un miraggio.
Era un essere UMANO. Vero.