Un posto chiamato Breglumasi
Nell’estate del 1996 andai in Albania a trovare e ad aiutare per un breve periodo alcuni amici che lavoravano come volontari presso il Centro di Formazione Professionale “Don Bosko” di Tirana.
Oltre al lavoro quotidiano con i giovani del posto che imparavano un mestiere si erano inventati un “lavoro straordinario”. Esiste un posto alla periferia della capitale albanese dove scorre un corso d’acqua (il posto si chiama Breglumasi) che sin da tempi antichi è stato abitato da carovane di artigiani Rom. In quegli ultimi anni, però, con la caduta del vecchio regime di Hoxha, la stessa zona era stata letteralmente invasa da gente senza più sussidi statali proveniente dalle campagne e montagne del nord del paese alla ricerca di miglior fortuna vicino alla città: si era formata una classica “bidonville” come tante ne vediamo nelle periferie delle città dei paesi poveri… capanne di lamiera, scoli di acque scure a cielo aperto, allacci elettrici e idrici abusivi improvvisati e pericolosissimi ed ogni baracca con l’immancabile parabola per la ricezione della tv satellitare e una particolare predilezione per i programmi italiani.
La convivenza fra i nuovi arrivati ed i Rom del posto non era per niente facile, la tensione era elevata e gli “incidenti” non erano rari. Per questi albanesi ultimi arrivati i Rom che, invece, stavano lì già da anni, erano “stranieri usurpatori”.
I miei amici (Agnese e Sandro, Stefania e Valentino) avevano cominciato ad erigere con l’aiuto di volenterosi e generosi ragazzotti del posto, in un pezzo di terreno ritagliato tra le baracche una piccola costruzione di 4 stanze con servizi e giardinetto che sarebbe poi servita come “asilo” per i bambini e rifugio sicuro per le donne in difficoltà. Io ed altri amici italiani che ci trovavamo lì aiutavamo secondo le nostre capacità specifiche e quando e dove serviva: impiantistica, vetreria, muratura e manovalanza spicciola.
Arrivò il giorno dell’inaugurazione e noi romani forti dell’esperienza con le più varie e sofisticate tecniche di animazione organizzammo la festa con canti (i locali conoscevano a memoria tutte le canzoni di sanremo…) e balli e giochi per i bambini, qualcosa da mangiare e tanta allegria. Ad un certo punto un ragazzo del posto arrivò di corsa e avvertì tutti che stavano arrivando “gli zingari”.
Un momento di grande tensione, visti i precedenti, anche violenti, fra le due comunità.
Eravamo pronti al peggio ma non a quello che realmente accadde.
Si cominciò a sentire da lontano una musica ritmata e voci che cantavano…
Quando “gli zingari” si presentarono all’entrata dell’asilo di Breglumasi lo fecero cantando e suonando una fisarmonica, vestiti a festa, con in mano vassoi pieni di roba da mangiare e uno stuolo di “zingarelli” che, rincorrendosi, subito si unirono ai giochi degli altri bambini.
La festa non potè proseguire meglio tra chitarre, fisarmoniche e tamburelli, canzoni italiane, albanesi e rom.
Grazie ad Agnese, Stefania, Sandro, Valentino, Rosaria, Simona, Stefano ed a tutti gli amici albanesi, rom e italiani conosciuti in quel mese di sudore e scuola di vita che non dimenticherò mai.